Recensione - Pacilio su Farabbi 'Solo dieci pani' - Poesia 'Da queste parti le creature non conoscono il mare'





X .Da queste parti le creature non conoscono il mare.

Racconto il movimento degli azzurri.
L'orizzontalità cangiante.
L'impossibilità del taglio.
L'unico, il lunghissimo, lontanissimo
lato.

Ma nessuno lo chiede.
Stanno in terra, dentro la notte,
guardando la profondità del cammino
con il fuoco che dal petto
gli fa luce.

Poi, quasi all'alba, prima del tuorlo,
mi tolgono l'argilla dagli occhi
leccandomi il muso.


Anna Maria Farabbi


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Solo dieci pani di Annamaria Farabbi
Commento poetico di Rita Pacilio



‘Cara mamma ho imparato a mangiare la neve…’  Anamaria Farabbi conclude così il suo elaborato poetico ‘Solo dieci pani’; con un calco, un’impronta, un’espressione visiva che ipnotizza, una dichiarazione, un testamento in prosa/poesia capiente di tutto il suo macinato e catalizzato essere umano di non comune sensibilità.
Il Poeta rielabora la memoria e l’attesa disponendosi all’apertura del giorno che viene denudando lo spirito dalle potenziali ambizioni o dai pericoli del tempo. E si presenta al lettore come ‘la bambina addormenta la montagna sua nonna’ perché il tempo è fatto di creature che danno voce ad una cosmogonia polifonica, universale, aperta e senza centro: ‘respiro il volo e torno interiormente a volarlo/ così respiro anche la madre del nido/ e del volo’.
La poesia della Farabbi è rivoluzionaria, come quella di Mario Luzi: è una voce soggettiva in un plurimo sussurrare umano. L’Autore non ci propone la sua personale prospettiva ma lascia che siano gli interlocutori a tornare con i propri canti, a rimanere, a possedere, a spasimare, ad andare: ‘continuiamo a tremare/ mantenendo a stento l’equilibrio’
Il percorso è terreno e spirituale ad un tempo. Trasuda di ardore come il verso di Czeslow Milosz, riflettendosi in un magico specchio: l’attesa dell’intelligenza viva garantisce il senso e la salvezza di un possibile rigenerare la sacralità della vita.
Così il congedo è amore e vita e dà un senso dolce alle ombre presenti nella nostra anima comprendendole e, come Montale, accettandole fino a ritrovarle nella storia del mondo.
Lo sguardo è misericordioso e si spinge fino allo scioglimento possibile delle stagioni temporali dei ‘dieci pani’: premesse trasparenti di una memoria quasi perfetta e ricomposta che sa decifrare il senso dell’ultimo segreto.

Rita Pacilio

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