Recensione - S. Contessini su Pacilio 'Ciliegio forestiero'

  

Aspettavo piovesse  ai frutti
e ai petali ancora.
Nel terreno
ero ciliegio forestiero.
Aspettavo a rami aperti
                                 l'ala
e il suo spezzare l'aria
quando si posa
e si riposa.
Era l'avvento di un Natale
che non mi corre incontro.
E conta il tempo.

Rita Pacilio
'Ciliegio forestiero' LietoColle 2006

 S. Contessini su Pacilio

05 luglio 2008
 
Dagli strati da cui si attingono le sostanze da trasformare in linfa vitale, Ciliegio forestiero estrae umori stranieri, per contrade di emozioni contrastanti, fuori dall'ordine domestico cui il ciliegio è vocato e dentro una narrazione riottosa ai canoni dei ruoli prescritti.
La cruda carnalità senza veli si offre al lettore maschile quale essenziale narrazione del desiderio trasformata in rappresentazione complessa del divenire della sfera affettiva.
La condizione del desiderio inappagato si presenta come consapevolezza della sfida alla rassegnazione delle convenienze.
I componimenti di Rita Pacilio si leggono come segni sulla carta carbone, calligrafie di alfabeti che raccontano significati differenti da quanto essi stessi si incaricano di narrare.
"Senza fretta al chiaror di luna" una lunga attesa di una notte d'amore da conservare nella borsa del fine settimana, si trasfigura nella tensione di raggiungere quanto è lontano.
All'apice della frenesia fluttuante, quando tutto si muove e la spira di una coda diviene l'onda che inghiotte, dalle linee asciutte dei versi erompe un'onda di rimando, offerta come una seconda opportunità a fronte dell'occasione perduta.
Si coglie nei versi di Rita, la conoscenza di un confine invalicabile, infiorescenza di passata primavera che si fa frutto di ciliegio, vermiglio esemplare che cerca labbra in cui insidiarsi.
Il corpo che infuria nella dimora della passione si fa lucido fendente di parola; un corpo femminile di parole per il linguaggio del corpo.
Così Ciliegio forestiero diviene finestra aperta da cui traguardare vedute sconosciute, voce di una fertilità creativa che mostra, senza schermi, l'esistenza di universi in cui gli archetipi espressivi di uso comune collassano in se stessi per ampliare le prospettive delle due metà di cielo e farne frutto comune.
Poesie che graffiano e che sfidano l'intima convenzione dei ruoli. Stimoli a rigenerare le sensibilità che ognuno possiede per arricchirle di interrogativi che le affinano, soprattutto se di ordine maschile.


Salvatore Contessini.
Settembre 2006

http://www.lietocolle.info/it/s_contessini_su_pacilio.html

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