Recensione - Pacilio su A. Fava 'Pancia di carta'


 R. Pacilio su Fava

06 novembre 2010

‘Pancia di carta’
di Alessia Fava


‘Pancia di carta’ è un cammino poetico nella ‘parola’. Un ritorno alla ‘parola’ che inizia e continua nella ‘parola’. Si ricompongono e si scandiscono nei versi con limpida trasparenza linguaggi volutamente nitidi in tutta l’Opera. La Poesia che ‘incontro’ è un atto preciso di comunicazione vera che mira a non lasciar spazio a fraintendimenti o a coincidenze del dire.

Alessia Fava propone un’Opera Prima ricca di strumenti metodologici indispensabili al lettore per la dovuta e certa comprensione di una forma espressiva, dinamica, flessibile, cauta, con le dovute pause. Non c’è bisogno di replicare l’esperienza del passato nel presente: il passaggio del tempo viene inteso nella sua interezza. A volte l’Autrice si allontana dal tempo quasi come se ne prendesse le distanze. L’io diventa il me. Si lancia avanti la donna lasciando dietro di sé la bambina che si fonde con quel passato già stato bloccando le parole chiave che diventano tematiche come bisogni interiori. Alcuni versi ricordano André du Bouchet: ‘Je marche pour raccourcir mon ombre’.

La ‘Pancia’ e la ‘Carta’ di Alessia Fava riportano verso l’ ‘altro’ che può essere la parola, la voglia del dire, ma anche il silenzio, la voce di dentro, la pulsione, il soffio interiore. Gli intervalli o le pause del tempo sono le prossimità dello spazio attorno a cui noi dimoriamo: si tratta di energia vitale, di sfumature. Tradurre, quindi, le immagini in significati, in spinte personali, in rinvii, in atti, in archi voltaici. Sono le verticalità della sintassi e l’idea della rottura delle componenti tradizionali di quegli schemi metrici che usati rigorosamente promuovono un testo poetico. Nel senso più usuale, però, si fa danno alla freschezza e alla intima e incolmabile creazione di una presenza d’arte profonda e fluttuante. Il verso, qui, diventa decostruzione di se stesso riscattandosi nella sua voce narrante, restituendo un coinvolgimento tipico di un linguaggio poetico post-moderno. R.P.


Pancia di carta
 
La mia pancia di carta
è foglio di neve
a farsi rugiada d'incontro,
in trasparenze taciute
a macchiarsi di blu e di rosso.
 
Potresti scrivere tu la storia,
io stabilirei gli a capo
nei giorni della distanza.
 
Con la bocca a camminare
di pagina in pagina,
ricamerei virgole in ogni verso
per cadenzare
poemi orfani di epilogo.
 
Come la mia pancia di carta
ingannevole, mai paga
ispirazione d'artista
ad attendere bianchissima,
in giochi d'inchiostro,
l'anelito di te - poeta. 
 


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