Recensione - 'Quel grido raggrumato' di Rita Pacilio - LVF, '14 - GianPaolo Grattarola recensione su Mangialibri






Osservare la contraddizione e l’orrore della condizione umana, abitarne la violenza e ammansire la reazione in un grido dolore raggrumato, è la sfida di questa poetessa che sembra camminare stordita accanto all’abisso. La manifestazione naturale degli assurdi eventi rimesta gli umori e agita i sonni dell’anima, spinge le oscurità del corpo all’inerzia dell’abbandono: “le hanno insegnato l’arte di star muta./ Le hanno portato due maschi già duri e pronti,/ mascherati. Poteva guardare senza lacrime,/ né ansimare, senza dire. Era negra”.  Raccapriccianti evocazioni di soprusi perpetrati sul corpo delle donne e dei bambini si abbattono sui versi, scaricando nella poesia tutta la disperazione sofferta di un dolore a stento trattenuto dinanzi a un contesto troppo duro ,in cui squarci di un mondo logorato da movimentate angosce rendono vana ogni possibilità di riscatto: “I muggiti e i pianti dei bambini si mescolano/ ai labirinti esuli, pallidi e la maledizione/ fa il resto nel sangue verde di lucertola/ ferita sul marciapiede”…
Quel grido raggrumato è una silloge di rara forza, forse quella in cui la vena incendiaria di Rita Pacilio riesce a esplodere con maggiore veemenza, senza che nulla si perda di quanto appartiene alla poesia. La durezza è totale, ma lo è in tutto, nella fermezza dello sguardo come nel patimento  delle commozioni, nella proiezione dell’angoscia come nell’invocazione alla denuncia sociale. La comunicazione è dunque assoluta, la scrittura vissuta in un rischio radicale, la soggettività messa in gioco in un dispendio che non ammette deroghe. Perché per Rita Pacilio la poesia è prima di tutto esperienza vivente e vitale. I suoi componimenti offrono chiavi di lettura che si coagulano in un altrove ignoto e non fissano alcun punto di riferimento per il lettore. Eppure in ognuno di essi di realtà se ne trova molta, minuziosamente ricreata e filtrata da una creatività a tinte forte, dove sta a noi immaginare il prima e il dopo. Perché il dramma, questo sì è certo, nel frattempo si sta già  dispiegando in tutta la sua crudele efferatezza.
GianPaolo Grattarola
21 marzo 2014


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