Recensione - Felice Seneca legge 'Prima di andare' - poesie e lettere d'amore di Rita Pacilio - LVF, 2016

Prima di andare – poesie e lettere d’amore di Rita Pacilio, LVF, 2016

nota di Felice Seneca


Ciao Rita, quando qualcuno mi regala un libro, specie se un suo libro, sento, per un minimo di riconoscenza e per altro di non so che, di dovere almeno ricambiare con un'immagine o impres-sione, sapendo, però, di non comprendere mai oggettivamente, ma solo di compiere un viaggio con esso ed attraverso di esso. Così sei stata (…)  alito di vita ai miei pensieri di questo 2017.

            Che strana rimembranza della giovinezza viva quella che si distende anche in autole-sionismi, ma che alla fine conosce in pieno, in un nuovo stadio della vita (quello della giovinezza della maturità, che fa vedere le illusioni come illusione e le verità come verità) il termine vero del-l'amore vero, che, dopo cammini e esperienze, ridiventa

semplice, senza impostura, si svuota di fuliggine, diventa responsabilità (50)
facendoci
persone degne di audacia, di premura (50)

che non stanno più troppo a pensare ai souvenir nel tempo della sera

quando ansiosi andremo lungo il fiume .... (50).

Chi molto ha dato e amato è mal ripagato dalla moneta della dimenticanza, che è una

combinazione chimica (5).

Ma del resto tu stessa non vuoi mendicare il ritorno impossibile:

tu non tornare se pensi che qui puoi annegare ... impantanarti (9).

L'impulso poetico è dettato da altro, dall'

abbandono  alla consapevolezza ... (10)

per ripetere e sempre di nuovo rivivere

la storia che siamo stati (10)
 allorché
 respiravamo all'unisono ogni incertezza e ogni brevità domenicale
e rallentavamo, noi, e con noi, il tempo dell'universo (40)
quasi vivendo
l'estasi dei folli senza  costole. (40)

E' la storia bella, quella vera, che non muore mai e che ad ognuno è dato scoprire e riscoprire sempre, anche quando si configura il pericolo di vederla svanire, sentendo magari, con sofferenza, che
... sto dimenticando troppo in fretta (71)
quasi avvertendo se stessi

in un'area di servizio, in attesa di riprendere la direzione del viaggio (71).

E' qui, mi sembra, Rita, il nucleo forte della tua raccolta di poesie: la possibilità del sovvertimento della dimenticanza nel dono rinnovato alla vita, ossia la possibilità di riconversione del dolore  in
una mano che ... accompagni verso l'uscita, verso la meta. (71).
verso una nuova
ripartenza (71)

E anche se, pur sempre, nel pericolo di riscoprirsi 

un caso, una casualità, un caso clinico, una malattia, una circostanza (72),

tu mi sembri additare, attraverso la tua umanissima esperienza personale, l'eredità possibile, costan-temente attingibile, del passato, nel tuo caso segnato dall'amore stroncato:

ci ha fatto doni preziosi la vita: abbiamo avuto lo spazio dell'aria
 per il dubbio per declinare l'arte, scrivere musiche e baciarci (73).

E' l'eredità (come riscoperta nel quadro della mente) della nostra radice sempre vivente, in grado sempre di ridare nuova energia per vivere, come il quadro di Manet nel film di Francois Ozòn (Frantz); eredità fattaci riscoprire anche da chi ci ha lasciato e che riesce a ripagarci della sua assenza con il farci ricchi dell'apertura alla vita nuova (come Anna, nel suddetto film, scopre alla fine), che si eleva oltre quella limitata alla relazione e al legame personale perduto:

schiarisci la voce e tieni con te il carico prezioso della tenerezza umana .... (73).

Il lungo itinerario tracciato da te giunge così alla più auspicabile conclusione possibile della vicenda esistenziale che ognuno può vivere, nel tuo caso la vicenda affettiva tragicamente conclusasi -

e sei andato via in modo drammatico così come vanno via tutti prima o poi,
non importa il motivo (56)
Non erano ancora le cinque del mattino...(56)

 - e che, però, riesce a farsi dono di senso e di scopo, "sì" alla vita che può, nonostante il cammino nella notte del dolore,
tornare a germogliare (71).

come leggiamo all'inizio della quinta e conclusiva lettera, che indica la speranza più importante per un vivere che può sempre ritrovare ragioni per non morire mai, grazie ad un rivivere che sa farsi dono, e che, come un dono, appunto, vuol essere per noi, celato in questo lavoro di rimembranza che dischiude (riaprendole, in realtà), le porte prima chiuse dal dolore. La poesia, infatti, quando abitiamo in essa (perché, come ha scritto Heidegger riprendendo dei versi di Hoelderlin, poetica-mente abita l'uomo) sa farci lasciare fuori anche

l'uragano incustodito, (21)
certe lontananze ... che in questo momento mi assalgono (57)

facendoci anche lasciare a casa
la rabbia di cenere e carbone (21)
pure quando
le ore e i giorni ci scontentano la vita .... questa miserabile ombra
 che scende prima del tramonto, prima dell'inedia (21).

Ma non può scendere fino in fondo quest'ombra perché, come ha scritto Erickson riformulando il percorso dello sviluppo affettivo proposto da Freud, ogni crisi è ed è avvertita tale proprio in quanto presuppone e prefigura il superamento della crisi stessa, in un nuovo stadio, di maturità ulteriore e superiore, in grado di trascinarci oltre il dramma e riportarci, pur contusi dalla notte pensante, verso una nuova alba che ci è sempre data come possibilità, come scopre Paula Beer nel suddetto film di Ozòn e come ci fai vedere anche tu:

La felicità ... a volte si esprime nella forma appartata,
di lato sbavaglia drammi, poi si trascina nella notte pensante a gesti energici: (13)

i gesti energici che conducono, appunto, all'aurora di vita nuova, nuovo stadio ericksoniano di vita, che invera e insieme va oltre il precedente, sia pure mai dimenticato definitivamente -

non ignorerò l'ardore di chi siamo stati, sarò vigile ogni sera ... (14)
per amare le immagini rimaste (40)
Chi è stato innamorato ... sa ritornare, sa rimanere (40)

- ma superato in un nuovo impulso di vita -

 mi allungherò fresca d'amore sotto al soffitto di domani (14)

- grazie al quale non si può fare a meno, infine, di compiere il passo all'ulteriorità sempre offrentesi al vivente che sa amare:
non ho potuto fare a meno di essere un'altra (13).
volerò acuta per svuotare la libertà dalla condanna .... (14).

E' la preparazione al risveglio dopo la notte, dopo l'inverno, allorché si cerca di passeggiare l'oc-chio fresco (70) come la luce che

fa così quando scuote il fuoco di dicembre e si sparge sopra i tetti... (70)

e che induce ad aspettare l'alba del nuovo che sarà lievito per un respiro rinnovato dell'anima di chi

aspetta il giorno crescere, lievito o anima (70).

Un respiro più forte, però, di prima, di quel prima in cui si è forse stati, tante volte, troppo ingenui e fiduciosi, al punto da farsi sbranare (in alcune esperienze ora ricordate con amarezza),

la buona fede in modo disperato (62)

Ma si è cresciuti ora, si è all'alba del nuovo giorno e perciò stesso si sa analizzare meglio il passato, liberandolo dai rimossi che prima hanno oscurato la verità delle cattive intenzioni altrui, per troppa fiducia concessa a chi non ha saputo ascoltare (nel suo irrompere intriso molto di voglia e meno di amore) l'ultima parola prima della tenerezza. I contenuti oscurati dalla troppa buona fede ora si fanno chiari e si comprende, con una punta di amaro, nel nuovo stadio ericksoniano, come

non hai mai saputo l'ultima parola, il verso che ho trattenuto sotto la lingua,
il bianco tra gli occhi e il naso, nell'angolo trasparente dove nascono le lacrime (62).

Rita, tu non ci dici chi è costui, forse un altro amore, ma segnato da falsità e che è ora (nella presen-zialità della rimemorazione non più oscurata dalle speranze che ingannano dolcemente) residuo che rimane come
un termine semplice... (62)

che ha accennato qualche volta ad un futuro possibile e bello

tre ipotesi... (62)
ma in realtà preparando, appuntando,
presagi malvagi (62)
abituato alla parola che divide, afferra, riemerge
e poi divide nuovamente (23)

E così (non sappiamo se questi altri due versi si riferiscano alla stessa esperienza), all'opposto,

arrivarono ansie, dolori quelle terribili scenate dell'animo
che non giustificava il vissuto della gloria (23).

Si era sperato, forse, troppo, nell'illusione animata dalla felicità del momento:

sono così le storie d'amore che appartengono a tutte le nostre vite,
vanno in un loop ... questa memoria mi ha inseguita senza pietà .... il fuoco ardente
possiede spesso il verdetto del dolore... ma non vedi la bruciatura mentre arde (23)

E sono le ferite che

bruciano di più, hanno maggiore forza quando sono spente (24)

specie se si pensa che ci si era illusi di colorare di colori belli persino il nero della notte:

colorare la sera e tutto il nero che le apparteneva (24).

Ma l'immaturità dell'altro, di chi era termine della relazione, che non è sempre logos (legame) eracliteo di vita nuova,  ha eliminato
il momento glorioso (24)

 al risveglio, ossia al passaggio dall'innamoramento istantaneo -

momenti in cui i sentimenti arrivano ad un punto luminoso e profondissimo,
senza spiegazione logica (25)

- all'amore che sa caratterizzare un vita intera, senza nascondere il non so che di falso che a volte scopriamo
 rimbalzare dai denti fuori dai baci (25)

e che fatalmente chiude un'illusione, un'esperienza alla fine molta amara, ma che aiuta a crescere anch'essa, ricordata nella chiarezza del pensiero della giovinezza nuova (questa devi convincerti di averla per sempre), quella della maturità, che sa prescindere dal vento delle illusioni, sapendolo guardare per quello che è, sapendo

guardare il vento, sapere il vento (27)

senza rinunciare mai, però, alla parte bella del ricordo, della memoria, perché

credo che si smetta di sperare quando si ripongono per sempre storie,
circostanze, ricordi (55)
Senza memoria non si costruisce niente e senza speranza
non c'è più l'amore (55).
In effetti (bisogna pur dirlo con sincerità) con la memoria non smettono di ripresentarsi anche i dolori, che inducono, a volte, quasi a urlare, nel tentativo di un richiamo impossibile (per ridar voce ad un'esistenza senza voce):
urlarti in questa vita senza voce (37) .

E' come uno sforzarci di far resistere, schiudersi finalmente di nuovo, momenti della vitalità più bella -
si schiudono giorni ad esistere le nervature del mio  nome (37),

- in tentativi, però, tante volte, vani, in vista di un simile schiudersi, perchè

non sento la tua voce, manca la tua voce a questo tempo...
in giorni senza luce, senza Dio... la tua voce non risuona in aria (38)

Ma il ricordo non illuso, e però nemmeno ultimativamente disilluso, sa riattingersi e trovare in sé linfa di speranza nuova -

Devo affrettarmi a trovarla,  mettere insieme le nostre scene,
potrebbe rimanermi poco tempo per ricamare le immagini,
adesso sono la sarta dei pensieri (55)

- nella consapevolezza non cieca del fatto che

Non resta più niente dell'estate verde... se potessi svegliare i merli... comincerei a cadere a balzi...per svanire in pace, nuda distratta (36)

Ora però, in questo nuovo stadio della vita, si sa non contorcersi troppo nel dolore e l'impulso etico (che sempre sa caratterizzare l'amore vero) sa vedere anche (e ancor di più), quasi per associazione freudiana, le tragedie che ci circondano, additandole nella loro nudità e dipingendo in versi una sce-na come quella del film di Crialese (Terraferma), allorché sulla spiaggia arrivano cadaveri:

oggi quello stesso mare è una tomba silenziosa.
Da costa a costa arrivano uomini, donne e bambini morti,
senza vestiti e stelle marine negli occhi (55-56).

Che contrasto con l'allora in cui quello stesso mare viveva dei sorrisi e degli abbracci degli amanti:

tu invece mi arrivavi  sempre così:... pieno, vitale,
di una profumata salsedine e vento e io avvertivo le nostre cellule rinvigorirsi (56)

Ma quei sorrisi si possono sempre ritrovare, perché l'albero della vita sa riservare sorprese se la vita sa essere e scoprirsi itinerarium mentis (in deum o, se vogliamo, in existentiam), percorso verso l'a-more più alto e più vero, che non sotterra quelli vissuti (dell'affettività materna, poi filiale e poi relazionale), ma li invera e rafforza, donando loro senso nuovo (come scopre, alla fine del film, la protagonista di "The tree of life", che, secondo me, rappresenta un'altra possibilità ermeneutica, dopo quella di Anna nel film "Frantz", per comprendere il cielo della tua anima, Rita, pieno della fatica del vedere vero). E tu allora,  rivolgendoti a te stessa, comprendi la fatica di un vedere vero -

che fatica aprire gli occhi e trovarsi attorcigliata (15),

che ora sa quanto è costato ciò che altri hanno preteso da te o fatto di te -

vedersi seminata, vangata, un miscuglio di quesiti spalancati (15)

- lasciandoti, alla fine, piena di dubbi su loro e su te stessa, dubbi che, a volte, venivano ingenua-mente oscurati nel loro additare i controscopi (veri) dell'utilità perseguita dagli altri:

 non maledire le parole dei poeti che mi hanno voluta in sposa e poi copiata (15).

Che fatica aprire gli occhi alla constatazione della verità degli altri! Altri che a volte, magari, filoso-feggiavano -
si filosofeggiava sugli uccelli, sul suono che si perpetua da sempre ... (16)

- magari compiacendosi della loro malinconia, proprio da questo compiacersi resa però falsa e la cui falsità tu allora poco comprendevi ascoltando chi recitava -

sono consapevole della mia solitudine... (17)
Minuscola parte di un niente, dicevi, siamo l'illusione dentro questa vita infinitesima (16)

- e non potendo (o non volendo) comprendere, nella sincerità dell'illusione, che chi disincanta e disillude il grande dono della vita vuol far sua, in realtà (e usare) quella degli altri finché gli piacerà,  per poi farli riscoprire
una boa in mezzo al mare (19)
un nome senza nome rimasto tra le palpebre e la mente (19)
bucce vuote, involucri rancidi, mezzi sorrisi (19)

Riflettendo su questo verrebbe quasi di pensare, allora, che

la parte terminale della vita ha radici interrotte, dialetti perduti.
Ai vecchi è concessa la brama e la pietà
come alle rondini appena nate
quando tartagliano l'affanno lungo tutto l'inverno (20)

Ma non è affatto vecchio chi sa ora vedere le vite rinchiuse nell'indifferenza e nella pochezza vitale. Rita, via da questo pessimismo. Tu sai vedere bene l'inautenticità umana sparsa per i mondi civili e urbani:
l'ombra della gente si arresta disperata, quasi sempre è triste,
frenetica, senza sorriso né faccia, sprofonda nel movimento della corsa....
addosso porta tanta fretta distratta, si muove con sospetto,
sembra un rapace zoppo e pure cieco, abbandona vergogna,
fiducia e nomi, sfugge all'impegno
chiudendo gli occhi svicolando nell'abisso con un tonfo (22).

L'inautenticità così meravigliosamente descritta da Heidegger è qui fulminata (in questa poesia che, per me, è tra le più belle della tua raccolta) in strofe e versi taglienti ma dolci, che infine si chiudono sulla banalità arendtiana del quotidiano:

La gente non si interroga, recita il compito,
la busta della spesa rapida nelle stagioni lascia la crepa per le vie (24)  

La ribellione a tutto ciò è espressa con una sorta di franchezza disillusa a chi ha deluso -

così mi vedrai fuori dalla stagione illusa scappata in fretta senza religione e senza il dio perfetto... mi guarderai dai vetri dello specchio rotto nell'anima riflessa e generosa ...
l'addio è una parola che lascia storti e a bocca aperta (51)

- incoraggiandolo, quasi per sfida, a esser altrettanto freddo nel dare e dire l'addio:

anche tu saprai essere sottile,
tirerai il fiato dal viso ... tutte le cose umane ...
e finalmente mi seppellirai per strada (51)

Ma non ci si deve arrendere definitivamente nel no definitivo -

all'ultimo autunno affidavo il mio andare via e non morivo, non morivo (53)

- sebbene nella consapevolezza, a volte tanto stanca, che

devo essere stata letto disadorno... voce galleggiante,
complice fiacca... devo essere stata un ostaggio imprudente (34)

E allora tante domande dalle tinte imperscrutabili -

è proprio in mezzo al cuore che mi si ammassano domande, brividi, la paura (69)

- pur nella visione di ciò che è fede vera, senza miscugli dottrinari umani:

pregare Dio senza una fede, senza regole e precetti, né difesa (69)...
sperare la gloria eterna per essere fiera di essere nata come un bocciolo ... (69)

Ma le risposte a chi sa amare (perché ha saputo sempre amare) vengono poi, in realtà, come vengono ad Anna nel film "Frantz" di cui ti parlavo prima, anche se, a volte, sotto l'aspetto dell'in-quietudine -
lo chiami sogno e io inquietudine (31)

- del sognatore senza piedi che, davanti all'indifferenza, cerca di scomparire dopo avere servito

la cena con dedizione (31)
assottigliandosi verso l'uscita .... spaiata e sbieca negli ultimi passi (31).

Ma non sono, in realtà, gli ultimi, perché ciò che è infinito non finisce, come sai e riveli bene:

non ti accommiati dalla gente, resti infinito e lungo,
gesto innamorato con accordi fragili (33).

E sono le persone care che, a volte, sanno (meglio di noi stessi) additarci e esemplificarci bene il passaggio al nuovo stadio di un amore più vero, che ritroviamo, ad esempio (quasi nella voglia di imitarlo), in
lampi tempestosi sui bulbi argentei ... ( 33)

che sono la luce negli occhi di chi ha saputo saggiamente far sparire il dolore:

 ... madre in cui il lutto svanisce saggiamente (33).

In questa saggezza il gesto innamorato non si perde, nonostante la mancanza; sa ora rivivere anche mentre solo si
sillaba un nome (33)
trasfigurando
l'anima bianca in un acquerello (33).

E il gesto, poi, unito alla mente, sa soprattutto aver voglia (anche se inconsciamente) di rivivere,  per darsi a vita nuova, anche comprendendo errori commessi:

Ci sono messaggi a cui non ho mai risposto, sguardi,
passaggi di parole, gesti a cui non ho dato l'importanza dovuta,
su cui non ho soffermato tutta me stessa....
ecco sono le scivolate nel vuoto che vorrei rincorrere adesso. (39)

Si può ora, in tale saggezza rinnovatrice di vita, vedere meglio, forse, che

forse morire è andare nella luce... andare nell'aria con la veste bianca (40)

come saprà fare, alla fine, la protagonista di The tree of life, ritrovando (certa di ritrovare) chi pensava di aver perduto per sempre ma che, invece, a questo punto sa di aver riavuto per sempre, quando verrà il momento.
E chi ci conosce bene, a sua volta, amerà questo nostro percorso in vita e speranza rinnovate e riper-correrà mentalmente, amorevolmente, ciò che lasceremo amorevolmente:

tante cose che ho amato ... le amerà: la memoria è questa,
amare le cose che sono state amate da chi noi abbiamo amato (41)

Non si sta morendo, in realtà, ma si sta vivendo di più. Si intravede sempre più chiaramente il passo nella fede, che non ci lascia abbattere, ma che ci fa vivere con serenità e amore quanto ci è dato vivere, anche dopo la perdita, e ci fa essere fiduciosi nel fatto che persino

Morire è un'altra modalità di vivere (41)
è un andare
nel posto dove volano gli uccelli (41)
anche se chi lasciamo può all'istante sentirsi di
stare scomparendo  come   una tenda che si chiude (41)
ero in divieto di sosta, un pezzo di vetro frantumato e di silenzio (41)
ho ripetuto il tuo nome mille e mille volte di seguito... ma eri nel vuoto,
nel posto dove volano gli uccelli (41)

Ed eri effettivamente nel vuoto dell'aria anche tu, quando, in altre esperienze (magari compensati-ve), chi non ti ha saputo capire avrebbe dovuto portare con sé un radar sul balcone

per intercettare il disappunto. Così mi troverai nell'aria smarrita
a dar fastidio ai rami e alle altre cose (65)

Ma questi ricordi non preparano (come una trappola) uno stanco smarrirsi, come quello del  tra-scinarsi delle madri che

prendono il nome delle chiese antiche con un'andatura leggera e generosa (61)

e sperano
di guarire così (61)
salvarsi dalla colpa e dal lutto...
non saranno mai brave a vivere e a morire con sentimenti incompresi...
quando arriverà quell'ora se ne andranno abitando finestre aperte nell'aria bagnata...
saranno rassegnate ... e andranno mute nel posto dove volano gli uccelli (61)

Questo non avviene di te e tu non lo farai avvenire. La metafora ricorrente del posto dove volano gli uccelli finalmente adombra l'altra, più vera, che si prepara -

siamo noi i testimoni del mondo,.... complici della pietas (63)

- in un brulichio e annuncio di vita che sempre, nonostante tutto, si rinnova -

colori variegati innalzati al cielo...richiamo di maliose spine e foglie ...
le stelle scuotono encefali sorreggono il tetto ... frasche celano solitudini amanti ....
cicale corrono un ritmo difficoltoso (63)

- di modo che il posto dove volano gli uccelli diventi il

posto di chi ha l'anima dove cantano gli uccelli (66)

perché chi ha molto amato non sarà mai morto e ci saprà offrire ancora poesie e viaggi poetici come questo tuo, sapendo anche sussurrare, a chi non ha saputo capire l'amore, che

con la bava della grammatica amorosa...
porterai fiori alla mia tomba dove non sarò morta, non sarò morta (67)

avendolo smascherato, ormai, a partire dalla

polvere sotto le unghie (67)
e dal
trabocchetto senza enigma, l'alterazione della lontananza (67).

Il criterio della verità finalmente trovato, che spinge ad andare non dove volano ma dove cantano gli uccelli, che fa discernere il vero dal falso, smascherato dalla polvere sotto le unghie, magari accumulatasi nei viaggi polverosi dei tradimenti, dischiude, infine, lo spazio per il

 riaffiorare (43),

possibilità incoraggiataci da chi si è amato -

fioriranno nuovamente le ginestre (49)

- grazie all'amore inverato nel nuovo stadio (ericksoniano) e che sa opporsi alla disperazione, com-piendo appunto il passo di verità per andare avanti,

potremmo salvarci, diventare gemme beate,
espanderci come acqua che straripa... a volte sento
tutta l'intenzione del fremito, mi basta questo per andare avanti (52)

E non solo per andare solo tu avanti. Ora divieni più giovane (della gioventù che non muore, perché forza del pensiero che, maturando, diventa più forte e, quindi, più giovane), sebbene all'inizio ti sentissi, rattristandomi (e rattristandoci, tutti noi lettori)

per genealogia compiuta (9) .... vecchia (9)
credendo di vedere
 il mio viso e gli occhi diventare vecchi (41)
che di me da allora non sia rimasto niente (41)
vedo finire la puntualità, il mio essere gentile e sorridente (42)...
e nelle rughe vedo i burroni, la ruggine e le frane
dove per colpa di un'imboscata ho perso il senno (42)

(quasi come un soggetto che sentisse di aver troppo vissuto).
Finalmente ti riscopri alla possibilità di ritrovare ragioni di vita grazie a un nuovo

innesto della fibra (9).

E soprattutto ti riscopri nella tua capacità di donare, fin quasi, a volte, diventando come un sostegno, come il traliccio che regge il filo che segna e sopporta un itinerario su cui gli altri possano scorrere (come la filovia che permette ad un tram di andare: paradigma vivente in cui agli altri sia dato di ripercorrersi e di specchiarsi in tutti

i segreti degli andirivieni (9).

Ci aiuti così tutti, Rita (in questa franca coscienza del tuo percorso di vita e soprattutto di ciò che ora, più di prima, puoi dare), a riscoprirci, e lo fai attraverso questa tua confessione agostiniana-laica, che trova non la fine ma il nuovo fine, che si offre, in questa tua agostiniana extensio animi (nonostante il dolore della perdita), alla presa di coscienza del lettore, quasi a darglisi come dono che invita alla consapevolezza di sé, delle possibilità sempre nuove e del mistero. Non è quindi, il tuo, il rimpianto tipico che un autore fa per sé e di sé, mostrandolo nel suo libro. Anche se in fondo non sappiamo e non possiamo (ci dici)

sapere nulla della ragione che sorregge (69)

ci è dato sempre continuare nella vita e nel vivere, ci è dato continuare a cercare in tante direzioni -

... qui ti cerco in tante direzioni  (18)

- perché, si sa, in fondo in fondo, che

silenziosamente travaglia l'universo intero,
la speranza rampicante nell'edera si infiora (18)

e che noi, nonostante tutto
resistiamo (19)
non più dovendoci abbandonare alla
tortura solitaria (19).

Ora sei (e ci scopriamo insieme con te, dopo il percorso travagliato e a tratti sconcertante, almeno per me, della lettura del tuo libro)

sintomi della nuova estensione (34)

sintomi che non vagheggiano alla morte, perché sanno che, come canta Battiato, la stagione del-l'amore non muore mai. E tu, del resto, sai come si possa essere capaci di pensare

al cuore chiaro, ai segni dell'amore che ogni volta accade essenziale,
irregolare e malgrado il fondo identifica la venatura di un sussulto (34).

Ci si riscopre, così, ancor più e meglio di prima, trasparenti come il mare puro -

sono nata qui, in questa trasparenza, raggio,
un'acqua chiara, midollo, sorgente, valli intere (34)
- e tutto questo non è che
il riaffiorare  (43)
non tanto di
autunni passeggeri... di sforzi pericolosi e senza amore
fatti di capigliatura arrangiate giovinezze spettinate, sognanti...  (45)
o di
un vicolo cieco (46)

sembrando diluiti
... nella lacrima distesa (47)

nella speranza di impossibili

città stellari dove vorrei vivere, fatte di lapilli e piccole promesse (47)

ma il riaffiorare che, grazie al ritrovare nella memoria

un disegno per recuperare la vita (32),

sa vedere sempre una vita nuova senza

pensieri senili che hanno la forma dell'addio (29)
e che
riescono a dividere la giovinezza dalla vecchiaia (29)

come quelli delle botteghe

nelle piazze che vedono il tempo diventare piccolo (30),

 nel grigiore della loro vita quotidiana, sempre uguale a se stessa.

Tu invece, Rita, hai visto Ison, la cometa. È la cometa che annuncia il nuovo anno, la nuova vita e che nella tua nuova vita (che sta passando dall'atteggiamento leopardiano, pieno di sfiducia, a quel-lo, forse ancora in parte inconscio, manzoniano, ancor più pieno di dedizione fiduciosa, che sa sempre ripagare) anche tu stai percorrendo (e non da adesso) come cometa che addita ai giovani la strada della poesia che tu vivi da sempre (abitando poeticamente nel mondo, secondo l'indicazione heidegerriana). E li fai venire a vita nuova, affinché suggeriscano e indichino, anch'essi comete, come te, un mondo nuovo: proprio come fai tu, nella tua nuova giovinezza, che sa essere certezza delle cose che si sperano, perché il fuoco non è meno impressionante e bello quando sappiamo darne, per esperienza vissuta, anche una spiegazione chiara. Perciò, anche se è impossibile rinnovare materialmente il titolo del tuo libro, tu lo hai fatto, in realtà, inconsciamente, nell'animo (come posso capire da quello che ho letto e visto in controluce) e il titolo vero è, allora: Voglio dare ancora tanto e tantissimo prima di andare. Ciao.


*

Torniamo spesso nelle cose passate
come si fa con i sogni taciuti
un planare basso sulla terra
per amare le immagini rimaste.
Chi è stato innamorato
sigilla
grandi tempeste e silenzi sapienti
passa piegato, sopporta, si inginocchia.
Chi è stato innamorato dà un senso a ogni cosa
sa tornare, sa rimanere.

*
Mi riconoscerai da questi rametti che porto
sul cuore, dagli orecchini color oceano e
dalle alghe arrotolate alla gonna che indosso
nel mio atteggiamento plateale in un delirio
di vendetta surreale e magistrale a un tempo

così mi vedrai fuori dalla stagione illusa
scappata in fretta senza religione e senza
il dio perfetto nel fondo brusco e torbido
di settembre di cui nessuno ha avuto notizia
o effetti di compiutezza tra noi così vicini.

Mi guarderai dai vetri dello specchio rotto
nell’anima riflessa e generosa.
Ora qui, nella dimenticanza, anche tu

saprai essere sottile, tirerai il fiato dal viso
il sonno, la tinta, il sapido, tutte le cose umane
getterai la bottiglia nel mare
e finalmente mi seppellirai per strada.

L’addio è una parola che lascia storti e a bocca aperta.

*
Certe volte hai segnato la frontiera
tra l’aria e le stelle, come fanno gli uccelli
fermarti a mezz’aria. Baciavi mani e collere
invecchiate da trenta anni
sfogliati a grosse falde davanti
al camino sempre acceso. Lacrime
stalagmiti, ai lobi luccicanti banderuole
sorde ai rumori di fuori.
Rotolavo giù dalle palpebre nella valigia,
sotto braccio portavo la sciarpa rosa e l’esistenza.
All’ultimo autunno affidavo
il mio andare via e non morivo, non morivo.

*
I viaggi che non sai dove vanno
conservano saluti silenziosi
domande infantili, ogni solitudine.
Ci si innamora in modo devastante e rozzo
in accordo con un tuono
per capriccio o astinenza. Si resta incantati
fermi.
Si ama in posizione insanabile,
scomoda
riconoscibile nel travestimento della fata
dalla gonna a balze e sulle ali ferite
sacre, percorse da chi ha l’anima
dove cantano gli uccelli.

Rita Pacilio (Benevento 1963) è poeta, scrittrice, collaboratrice editoriale, sociologa, mediatrice familiare, si occupa di poesia, di critica letteraria, di metateatro, di letteratura per l’infanzia e di vocal jazz. Curatrice di lavori antologici, editing, lettura/valutazione testi poetici e brevi saggi, dirige per La Vita Felice la sezione ‘Opera prima’. Sue recenti pubblicazioni di poesia: Gli imperfetti sono gente bizzarra (La Vita Felice 2012) traduzione in francese Les imparfaits sont des gens bizarres, (L’Harmattan, 2016 Traduction en français par Giovanni Dotoli et Françoise Lenoir),  Quel grido raggrumato (La Vita Felice 2014), Il suono per obbedienza – poesie sul jazz (Marco Saya Edizioni 2015), Prima di andare (La Vita Felice, 2016). Per la narrativa: Non camminare scalzo (Edilet Edilazio Letteraria 2011). La principessa con i baffi (Scuderi Edizioni 2015) è la sua fiaba per bambini.



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